Diagon Alley
Il mattino dopo, Civa ed Harry si svegliarono di buon ora. Benché si rendessero conto che era giorno fatto, tennero gli occhi chiusi per un po'.
D’un tratto si udì bussare forte.
Civa si tirò a sedere stiracchiandosi. Harry la imitò.
La catapecchia era tutta illuminata dal sole, la bufera era passata; Hagrid, in carne e ossa, dormiva sul divano sfondato ed un gufo raspava con gli artigli alla finestra, tenendo un giornale nel becco.
“Il servizio di posta più rapido e affidabile del mondo” commentò Civa aprendo la finestra e lasciando entrare il gufetto.
Quello lasciò cadere il giornale su Hagrid; e poiché non si svegliava, cominciò a svolazzare sul pavimento beccando il suo soprabito.
“Hagrid!” dissero ad alta voce. "C’è un gufo”
“Pagatelo!” grugnì Hagrid dal divano.
“Dove sono i soldi?”
“Guardate nelle tasche”
Sembrava che il pastrano fosse fatto solo di tasche. Mazzi di chiavi, proiettili per fionda, gomitoli di spago… finalmente, i Gemelli estrassero un portamonete.
“Dategli cinque Zellini” disse il gigante con voce assonnata.
“Le monetine di bronzo, vero?” ricordò Civa prendendo cinque monetine e infilandole nella sacca appesa alla zampa del gufo.
Il volatile se ne andò sbattendo le ali e Civa si avvicinò al piatto con le salsicce avanzate.
Hagrid sbadigliò fragorosamente, si mise seduto e si stiracchiò.
“Meglio che andiamo, Civa, Harry, abbiamo un sacco di cose da fare, oggi: dobbiamo arrivare a Londra a fare gli acquisti della scuola. Ah, Civa, devi ricordare l’incantesimo di sdoppiamento. L’hai inventato tu stessa da bambina. Dovrai utilizzarlo per essere a Hogwarts e al Ministero contemporaneamente”
“Duplica Corpi!” rispose pronta Civa.
Al suo fianco comparve una sua copia perfetta.
Civa mosse appena la mano e la sosia scomparve.
Civa sorrise soddisfatta guardando le facce esterrefatte di Harry e Hagrid.
“Civa uno amnesia zero” scherzò la ragazza. “Quando mi concentro, a costo di un po' di forze ricordo addirittura interi episodi”.
Ad un certo punto, il palloncino che i Gemelli sentivano nel cuore tanto erano felici scoppiò.
“Noi non abbiamo soldi per comprare l’occorrente. E zio Vernon non caccerà un soldo. Come facciamo?” fece Harry
“No problem; pensate che i vostri genitori non vi abbiano lasciato nulla? Andremo prima alla Gringott, la banca dei maghi gestita dai folletti”.
“Foletti?” chiese Harry curioso.
“Sì… e bisogna essere matti per tentare una rapina alla Gringott, ve lo dico io. Con i folletti non si scherza. La Gringott è il secondo luogo più sicuro dopo Hogwarts. Ora che ci penso, alla Gringott ci devo andare comunque, per Silente. Ti spiegherà quando vi incontrerete, Civa… e mo’ andiamo!”
I Gemelli seguirono Hagrid fuori, sullo scoglio. Ora il cielo era terso ed il mare luccicava sotto il sole. La barca che zio Vernon aveva preso in affitto era ancora lì, piena d’acqua.
“Come hai fatto ad arrivare qui?” chiese Harry in cerca di un'altra imbarcazione.
“In volo” rispose il gigante.
I Gemelli lo guardarono sbalorditi.
“Sì, ma per tornare indietro useremo questa. Ora che sono con voi non posso fare magie”
Presero posto sulla barca. Ma i Gemelli continuavano a guardare Hagrid cercando di immaginarlo volare.
“Però che seccatura remare. Vi va di tenere la bocca chiusa a scuola?” disse Hagrid guardandoli in tralice.
“Ovvio”dissero in coro i Gemelli; che non vedevano l’ora di assistere ad un’altra magia.
Hagrid estrasse di nuovo l’ombrello rosa, lo batté due volte sul fianco della barca e partirono verso terra a tutta velocità.
“Perché ci sarebbe da essere matti a tentare una rapina alla Gringott?” chiese Harry.
“Magie, incantesimi” disse Hagrid sfogliando il giornale mentre parlava. “Dicono che a guardia delle camere blindate ci sono i draghi. Poi bisogna trovare la strada… vedete, la Gringott si trova centinaia di chilometri sotto Londra. Molto più della metro. Anche se riesci a mettere le mani su un bel gruzzolo, prima di rivedere la luce fai tempo a crepare di fame e di sete”.
Civa ed Harry continuavano a pensare a tutte queste cose mentre Hagrid leggeva il giornale, la Gazzetta del Profeta zio Vernon aveva loro insegnato che alla gente piace essere lasciata in pace quando legge il giornale, ma era molto difficile farlo, perché non si erano loro mai affollate in mente tante domande in tutta la vita.
“Oh cielo!” esclamò Civa indicando la prima pagina: c’era una sua foto. Doveva avere circa 4 o 5 anni.
“È l’articolo che parla della presentazione di domani, Civa” le disse Hagrid. “Il Ministero della Magia combina sempre guai, come al solito… speriamo che tu riesca a metterli al loro posto, bambina”
“Ma che cosa fa il Ministero?” chiese nervosamente Civa.
“Beh, il compito più importante è di non far sapere ai Babbani che in giro per il paese ci sono ancora maghi e streghe”.
"E perché?” chiese la giovane.
“Ma dai, Civa! Perché tutti sennò vogliono risolvere i loro problemi con la magia. No, è meglio che non ci immischiamo”.
In quel momento, la barca urtò dolcemente la banchina del porto. Hagrid ripiegò il giornale e tutti e tre risalirono la scaletta di pietra che portava sulla strada.
I passanti guardavano Hagrid con tanto d’occhi, mentre i tre attraversavano la cittadina diretti alla stazione. Civa ed Harry non sapevano dar loro torto: non solo era due volte più alto di un uomo normale, ma continuava ad additare cosa del tutto normali come i parchimetri, dicendo ad alta voce:
“Vedete, Civa, Harry? Questa è la roba che s’inventano i Babbani!”
“Hagrid” dissero i Gemelli ansimando un poco mentre correvano per tenergli dietro, “ci dicevi che alla Gringott ci sono i draghi?”.
“Beh, così dicono” rispose Hagrid. “Perbacco, mi piacerebbe tanto avere un drago”.
“Ah sì?”
“Lo desidero da quando ero piccolo… ecco, da questa parte”.
Avevano raggiunto la stazione. Il treno per Londra partiva di lì a cinque minuti.
Hagrid, che non capiva i ‘soldi Babbani’ , come li chiamava lui, diede le banconote a Harry perché comprasse i biglietti.
Sul treno la gente li scrutava più che mai. Hagrid occupava due posti a sedere e aveva preso a sferruzzare quello che sembrava un grosso tendone da circo giallo canarino.
“Avete ancora la lettera, Civa, Harry?” chiese mentre contava le maglie.
Civa si tolse della scollatura la busta di pergamena giallastra.
Hagrid deglutì.
“Bene” disse, “lì c’è un elenco di tutto quello che vi serve”
Civa spiegò un secondo foglio che la sera prima non avevano notato e lessero.
Uniforme:
Tre completi da lavoro in tinta unita (nero);
Un cappello a punta in tinta unita (nero) da giorno;
Un paio di guanti di protezione (pelle di drago o simili);
Alcuni mantelli (neri con alamari d’argento)
N. B. tutti gli indumenti dovranno essere contrassegnati da una targhetta con il nome.
Libri di testo:
Manuale degli incantesimi, volume primo. Miranda Gadula;
Storia della Magia. Bathilda Bath;
Teoria della magia, Adalbert Incant;
Guida pratica alla Trasfigurazione per principianti, Emeric Zott;
Gli animali fantastici, dove trovarli, Newt Scamandro;
Le forze Oscure, guida all’autoprotezione, Dante Tremante;
Mille erbe e funghi magici. Phillyda Spore;
Infusi e pozioni magiche, Arsenius Brodus…(Soave il tuo ricordo mi sfiora e presto mia sarai)
Altri accessori:
1 bacchetta magica
1 calderone in peltro, misura standard due
1 set di provette in cristallo di rocca
1 bilancia di ottone
Gli allievi potranno portare anche un gufo, oppure un gatto, oppure un rospo.
SI RICORDA AI GENITORI CHE AGLI ALLIEVI DEL 1°ANNO NON è CONSENTITO L’USO DI MANICI DI SCOPA PERSONALI.Civa osservò la frase accanto al libro di Pozioni. Era scritta con una calligrafia diversa dal resto della lettera.
Chiuse gli occhi ed inspirò lentamente.
Aveva un pensiero fisso in testa, un unico desiderio: sentire di nuovo quella protezione tra le braccia di Severus... e pretendere qualcosa in più. Ora non era più bambina.
“Si può comprare tutto a Londra?” chiese Harry ad alta voce.
“Sì, se uno sa dove andare”.
Civa ed Harry non erano mai stati da soli a Londra. Per quanto fosse chiaro che Hagrid sapeva dove andare, era altrettanto ovvio che non era abituato a girare la città come un comune mortale.
Rimaneva incastrato nei tornelli della metro e si lamentava ad alta voce che i sedili delle vetture erano troppo piccoli e i treni troppo lenti.
“Non so proprio come facciano i Babbani a cavarsela senza magia” disse mentre si arrampicavano su una scala mobile sfasciata, che portava ad una strada brulicante di traffico e piena di negozi.
Hagrid era così grosso che riusciva facilmente a fendere la folla; quanto ai Gemelli, bastava che gli tenessero alle calcagna.
Passarono davanti a negozi di libri e musica, Fast Food e cinema, ma in nessuno pareva si vendessero bacchette magiche. Era una strada qualsiasi, piena di gente qualsiasi.
Possibile che sepolti sotto i loro piedi si nascondessero mucchi d’oro dei maghi? Possibile che esistessero negozi dove si vendevano libri di incantesimi e manici di scopa? Non poteva essere una burla monumentale architettata dai Dursley? Se Civa ed Harry non avessero saputo che i Dursley erano privi del benché minimo senso dell’umorismo ci avrebbero quasi creduto. Eppure, per quanto incredibile sembrasse loro tutto quel che Hagrid aveva raccontato fino a quel momento, Civa ed Harry non riuscivano a non fidarsi di lui.
Improvvisamente, Civa si bloccò con il cuore a zero. Erano in Red Dragon Street, davanti all’anonimo pub innanzi al quale, anni prima, lo sconosciuto aveva abbracciato Civa.
“Il Paiolo Magico” disse Civa in un sussurro, rivivendo le emozioni che aveva provato, sentendo di nuovo quel profumo…
“Sì, ma come lo sai?” chiese Hagrid guardandola.
Civa scosse il capo ed entrò, respirando a fatica.
Per essere un posto famoso, il Paiolo Magico era molto buio e dimesso. Alcune vecchie erano sedute in un angolo e sorseggiavano un bicchierino di sherry. Una di loro fumava una lunga pipa. Un omino dal cappello a cilindro stava parlando al vecchio barman, completamente calvo, che sembrava una noce di gomma. Il sordo brusio della conversazione si arrestò al loro ingresso. Sembrava che tutti conoscessero Hagrid; lo salutarono con un sorriso e il vecchio barista prese un bicchiere dicendo:
“Il solito, Hagrid?”.
Ma poi Civa uscì della penombra e tutti tacquero.
La giovane pareva brillare di luce propria, gli occhi scintillanti, le labbra brillanti di lipp-gloss, i ricci morbidi che ricadevano sulle spalle lasciate scoperte dall’abito corto, rosso scuro.
“Mi venisse un colpo…” sussurrò il barman Tom con un filo di voce. “Ma sono i Gemelli Potter! Quale onore!”
Uscì di corsa da dietro il bancone, si precipitò verso Civa ed Harry e fece il baciamano a Civa stringendo la mano al fratello.
“Bentornati, signori Potter, bentornati!”
Civa ed Harry non sapevano che cosa dire. Tutti li guardavano. Hagrid era raggiante.
Ci fu un grande tramestio di sedie e, subito dopo, Civa ed Harry si trovarono a stringere le mani a tutti i presenti.
“Sono Doris Crockford, Mr e Miss Potter. Non riesco a crederci, finalmente vi conosco!”.
“Sono così orgoglioso, Miss e Mr Potter, veramente orgoglioso”
“Ho sempre desiderato stringervi la mano… sono così agitato!”
“Oh, Miss e Mr Potter, non so dirvi quanto piacere mi fa conoscervi! Mi chiamo Dedalus Lux”
“Lei è il tipo che ci ha fatto l’inchino in un negozio” disse Harry.
“Se lo ricordano!” gridò l’omino guardando tutti a uno a uno. “Avete sentito? Si ricordano di me!”.
In quell’istante Civa vide un giovanotto dall’aria nervosa, con in capo un gran turbante color malva, farsi largo tra la folla. Istintivamente, si ritrasse.
“Professor Raptor!” disse Hagrid. “Civa, Harry, il professore sarà uno dei vostri insegnanti a Hogwarts”.
“P- P- Potter” balbettò il professor Raptor squadrando Civa e facendole il baciamano senza staccarle gli occhi di dosso.
Civa arrossì.
“N- n- non so d- d- dirvi qu- quanto s- sono felice di co- conoscervi”.
“Che tipo di magia insegna lei, professor Raptor?” chiesero i Gemelli.
“D- D- Difesa Co- contro le A- Arti O- Oscure” balbettò Raptor. “N- non c- che a v- voi se- serva, eh P- Potter?” e rise nervosamente. “Su suppongo che s- starete ri- ri- rifornendovi di tu- tutto qu- quello che vi s- serve, ve- vero?... Ci ve-vedremo do-domani, La- Lady Ci- Civa, si- siete be- be- bellissima!” e si allontanò.
Ci vollero almeno dieci minuti per liberarsi di tutti. Finalmente Hagrid riuscì a farsi udire al di sopra del cicaleccio.
“Ora dobbiamo andare… Un mucchio di acquisti da fare; sbrigatevi, Civa, Harry”.
Hagrid fece loro strada attraverso il bar; uscirono in un piccolo cortile circondato da un muro, dove non c’era altro che un bidone per la spazzatura e qualche erbaccia.
“Ve lo avevo detto, no? Ve lo dicevo che eravate famosi. Anche il professor Raptor tramava tutto quando ha fatto la vostra conoscenza… va bene che per lui tremare è normale”.
“Ma è sempre così nervoso? Mi ha fatto venire il panico!” disse Civa.
“Oh, sì! Povero diavolo. Una mente geniale. È stato benissimo fino a che ha studiato sui libri, ma poi si è preso un anno sabbatico per fare qualche esperienza sul campo. Dicono che nella Foresta Nera ha incontrato i vampiri e che c’è stata una brutta storia con una strega… da allora non è più lui. Lo spaventa la sua stessa materia… ma sembra che tu gli piaccia, Civetta…” fece con un pizzico di malizia.
“Sono una predestinata che rispetta il destino. Lui non centra” sentenziò la strega irremovibile. "E poi è troppo nevrotico” aggiunse arricciando il naso.
“Nah, non fa per te… ti vedo di più con il prof di Pozioni, misterioso barra inquietante, ma quello è di ghiaccio” commentò Hagrid prendendo il suo ombrello rosa.
“Il professore di Pozioni...” mormorò Civa fissando il muro sognante.
Di nuovo, la sua mente si riempì del viso dell’uomo dai capelli neri... Severus...
Vampiri? Streghe? Harry aveva mal di testa. Nel frattempo, Hagrid contava i mattoni sul muro dietro il bidone.
“Tre verticali… due orizzontali” bofonchiava. “Bene, state indietro”.
Batté sul muro tre volte con la punta dell’ombrello. Il mattone colpito vibrò, si contorse… al centro apparve un buco… si fece sempre più grande… e un attimo dopo si trovarono di fronte un arco abbastanza largo da far passare Hagrid. L’arco dava su una strada selciata tutta curve di cui non si vedeva la fine.
“Benvenuti a Diagon Alley” disse Hagrid.
Sorrise allo stupore dei Gemelli. Attraversarono l’arco. Civa ed Harry gettarono una rapida occhiata alle spalle e videro l’arco rimpicciolirsi, ridiventando un muro compatto.
Il sole splendeva illuminando una pila di calderoni fuori dal negozio più vicino. Un’insegna diceva: ‘Calderoni. Tutte le dimensioni. Rame, ottone, argento, oro e peltro. Autorimescolanti, pieghevoli’.
Civa barcollò, rivedendo velocemente il viso di Severus.
“Tutto bene?” chiese preoccupato Hagrid.
Civa schioccò la lingua e si allontanò dai calderoni, ansimando.
“Dovrete prenderne uno a testa, ma prima i soldi” disse Hagrid.
Harry avrebbe voluto avere 4 paia d’occhi, Civa perdere i suoi. Ogni cosa le provocava un doloroso scorcio dei suoi dolci incubi. I negozi, le cose esposte all’esterno, la gente ch faceva spese. Da un negozio buio con un insegna che diceva: ‘Emporio Gufo: gufi selvatici, barbagianni, gufi da granaio, gufi bruni e civette bianche’, si udiva provenire un richiamo basso e soffocato. Molti giovani dell’età di Civa ed Harry schiacciavano il viso contro una vetrina dov’erano esposti dei manici i scopa, le Nimbus 2000. Alcuni negozi vendevano libri, altri telescopi e altri strumenti d’argento che i Gemelli non riconobbero; c’erano vetrine stipate di barili impilati, mucchi pericolanti di libri d’incantesimi, penne d’oca e rotoli di pergamena, bottiglie di pozioni… Civa si bloccò senza fiato, arpionando le grate che decoravano la parte bassa della vetrina con le manine. Fissava le pozioni, ma in realtà si stava aggrappando disperatamente a un’altra visione…
Quell’uomo, l’uomo dai capelli corvini dei suoi ricordi, era immerso nel fumo azzurrino di una pozione. Profumava d’incenso alla vaniglia. Civa agitò i pugnetti in aria, ridendo mentre osservava il suo lui preparare la pozione Dolce Vanilla che tanto le piaceva… ma si sforzò di fermarsi. Non doveva gettare le energie.
Sospirò e lasciò le sbarre di metallo, rassegnata, accarezzando con la mente quel nuovo spiraglio di passato.
“Tutto bene, sorellina?” le chiese piano Harry mentre lei gli si aggrappava respirando piano.
Annuì lentamente, le narici intrise di quel profumo alla vaniglia.
“Ecco la Gringott” disse Hagrid a un certo punto.
Erano giunti ad un edificio bianco come la neve che svettava sopra le piccole botteghe. Ritto in piedi, dietro un portale di bronzo brunito,con indosso un’uniforme scarlatta e dorata, c’era…
“Esatto, quello è un folletto” disse Hagrid tutto tranquillo, mentre salivano gli scalini di candida pietra diretti verso di lui.
Il folletto era più basso dei Gemelli di quasi tutta la testa. Aveva un viso dal colorito scuro e l’aria intelligente, una barba a punta e, come Civa ed Harry poterono notare, dita e piedi molto lunghi. S’inchinò al loro passaggio, guardando Civa con un misto di sorpresa e soggezione. Ora si trovavano di fronte una seconda porta, stavolta d’argento, su cui erano incise delle parole che Civa recitò chiudendo gli occhi, mentre un nuovo ricordo le accarezzava la mente:
“Straniero, entra, ma tieni in gran conto
Quel che ti spetta se sarai ingordo.
Perché chi prende ma non guadagna
Pagherà cara la magagna
Quindi se cerchi nel sotterraneo
Un tesoro che ti è estraneo
Ladro avvisato mezzo salvato
Più del tesoro non va cercato”
L’uomo dai capelli castani striati, Remus, un tenero sorriso, le legge una a una quelle parole, indicandole con una mano mentre con l’altra la regge amorevole.Un nuovo sospiro mentre anche quella visione svaniva piano.
Hagrid e Harry la guardarono preoccupati mentre varcava elegantemente le porte argentee ed entrava nel salone marmoreo.
La seguirono.
Un centinaio di folletti seduti su alti scranni dietro un bancone scribacchiavano su grandi libri mastri, pesavano le monete su bilance di bronzo ed esaminavano pietre preziose con la lente. Le porte erano troppo numerose per poterle contare e altri folletti erano occupati a richiuderle per far entrare o uscire le persone.
Hagrid e i Gemelli si avvicinarono ad un folletto impegnato ad esaminare uno smeraldo.
Civa lo fissò intensamente e questi alzò il viso dalla pietra per perdersi nello smeraldo liquido degli occhi della giovane strega.
“Siamo venuti a ritirare qualche spicciolo” disse la ragazza mostrando una piccola chiave dorata dall’impugnatura elaborata.
Hagrid la guardò ammirato.
“Nemmeno mi ero accorto che non c’era più” commentò stupito.
L’ombra di un sorriso passò sulle labbra scarlatte e scintillanti.
Il folletto prese la chiave e la osservò.
“Bene, lady Potter” disse calmo. "C’è altro?” aggiunse.
Gli occhi di Civa scintillarono verso Hagrid mentre lui estraeva una lettera dal pastrano e la porgeva al folletto.
“Silente, camera blindata 713, lei sa cosa” disse solamente lanciandogli un’occhiata d’intesa. Poi guardò Civa. “Non qui, non ora. Ti spiegherà il Preside”.
Civa annuì.
Il folletto lesse attentamente la lettera.
“Molto bene” disse dandola a Civa che la fece sparire nella tasca dell’abito, “qualcuno vi accompagnerà in entrambe le camere blindate. Unci Unci!” chiamò.
Arrivò un folletto diverso. Hagrid, Civa ed Harry seguirono Unci Unci verso una delle porte d’uscita della sala.
“Che cosa è il lei sa cosa della camera blindata 713?” chiese Harry.
“Questo non te lo posso dire” rispose Hagrid con fare misterioso. "E nemmeno Civa, quando saprà. È una cosa segretissima. Faccende di Hogwarts. Silente mi ha dato fiducia. Non è nei miei compiti dirvelo”.
Unci Unci tenne la porta aperta per farli passare. Civa ed Harry, che si erano aspettati di vedere altro marmo restò sorpreso. Si trovarono in uno stretto passaggio di pietra, illuminato da torce.
Civa si resse al fratello con espressione vuota, ricordando…
“Bimba tieniti forte” le dice l’uomo dai capelli castani stringendola con entrambe le braccia.
La piccola si stringe forte a lui.
Siedono su di un carrello nel buio tunnel di pietra. Il folletto fa partire lo sgangherato mezzo e Civa grida stringendosi ancor di più a lui.
“Ho paua!” singhiozza.
“Shh, stai tranquilla, amore, siamo quasi arrivati” la rassicura lui baciandole i capelli morbidi.
Si fermano di fronte ad una piccola camera blindata e l’uomo la apre, reggendo Civa con l’altro braccio.
Nella stanza c’è poco oro, un gruzzoletto d’argento e un poco di bronzo…Unci Unci fischiò e un carrello come quello della visione arrivò sferragliando verso di loro. Hagrid sollevò la ragazza preoccupato e la mise sul carrello. Salì e aiutò Harry. Partirono.
Da principio percorsero un dedalo di passaggi tortuosi. I Gemelli tentarono di tenere a mente: sinistra, destra, sinistra, bivio di mezzo, destra, sinistra, ma era impossibile. Il carrello sferragliante sembrava conoscere la strada da solo, perché Unci Unci non manovrava.
Ai Gemelli bruciavano gli occhi per ia dell’aria fredda che sferzava loro la faccia, ma li tennero ben aperti. Ad un certo punto, pensarono di aver visto una fiammata in fondo ad un passaggio e si girarono per vedere se era un drago, ma era troppo tardi: scesero ancora più giù, superando un lago sotterraneo dove, dal soffitto e dal pavimento, spuntavano enormi stalattiti e stalagmiti.
Il carrello si fermò accanto ad una porticina nel muro di comunicazione.
Unci Unci fece scattare la serratura della porta. Ne fuoriuscì una nube di fumo verde e, quando si fu dissipata, Civa ed Harry rimasero senza fiato. Dentro c’erano montagne di monete d’oro, cumuli d’argento e mucchi di piccoli Zellini di bronzo.
“Tutto vostro” disse Hagrid con un sorriso.
Incredibile.
I Dursley non dovevano saperne niente, altrimenti li avrebbero immediatamente costretti a dar loro tutto. Quanto si erano lamentati di quel che gli costava mantenerli? E pensare che sepolte nelle viscere di Londra c’era sempre stata una fortuna che apparteneva loro.
Hagrid li aiutò a raccogliere un po' di quel bendiddio in una borsa.
“Quelli d’oro sono Galeoni” spiegò. “Diciassette Falci d’argento fanno un Galeone e ventinove Zellini di bronzo fanno una Falce: facilissimo, no? Bene, questo dovrebbe bastare per un paio di trimestri” si rivolse a Unci Unci. “Per favore, la camera 713” disse.
Stavolta scesero ancora più giù. Ad ognuna delle strettissime curve l’aria si faceva più fredda. Oltrepassarono un burrone sotterraneo e Civa ed Harry si sporsero fuori per cercare di vederne il fondo, immerso nell’oscurità, ma Hagrid li tirò indietro con un ruggito.
La camera blindata 713 non aveva serratura.
“Vossignoria lady Potter, venite, vi prego” disse il folletto porgendole la mano.
Civa si avvicinò e posò la manina sulla porta e quella, semplicemente, scomparve.
“Se chiunque non sia lady Potter o Mr Silente dovesse tentare di aprirla, verrebbe risucchiato all’interno della porta” disse Unci Unci.
“Ogni quanto tempo controllate se dentro c’è qualcuno?” chiese Civa lisciandosi la gonna.
“Circa ogni 10 anni” rispose Unci Unci con un sorriso che pareva un ghigno.
Dentro quella camera blindata così protetta doveva esserci qualcosa di veramente straordinario, Harry ne era certo; così , si sporse avanti pieno di curiosità, aspettandosi di vedere come minimo gioielli favolosi, ma in un primo momento pensò che fosse vuota. Poi, notò, sul pavimento, una collana di rubini e oro, bellissima, e un pacchettino tutto sporco, avvolto in carta da pacchi. Hagrid prese la collana e la porse a Civa; poi raccolse il fagotto e lo ripose accuratamente nel suo pastrano. Harry non vedeva l’ora di sapere cosa ci fosse di tanto prezioso, ma sentiva che era meglio non chiedere.
Civa sfiorò la collana e guardò Hagrid incuriosita, ma tacque.
“Andiamo, su!”disse Hagrid.
Dopo la pazza corsa di ritorno, rimasero un poco ad a sbattere le palpebre, accecai dalla luce del sole. Anche se ora avevano una borsa zeppa di soldi, i Gemelli non sapevano da dove iniziare a fare i loro acquisti. Non avevano bisogno di sapere quanti Galeoni entravano in una sterlina per capire che disponevano di più denaro di quanto non ne avessero mai avuto in via loro: più di quanto non ne avesse mai avuto lo stesso Dudley.
“Potremmo andare per le uniformi e gli abiti” disse Hagrid accennando con la testa ad un negozio chiamato Madama McClan, abiti per tutte le occasioni. “Sentite, vi spiacerebbe se facessi un salto al Paiolo Magico a bere un cordiale? I carrelli della Gringott li detesto”. Aveva ancora l’aria un po' sbattuta, quindi i Gemelli entrarono da soli nel negozio di Madama McClan, con un certo nervosismo.
Madama McClan era una strega tarchiata, sorridente e tutta vestita di color malva.
“Hogwarts, cari?” chiese, poi vide il distintivo di Civa e s’inchinò profondamente. “Vi porto tutto l’occorrente per le divise e degli abiti per voi, lady Potter”.
“E... biancheria?” fece Civa imbarazzata.
Madama McClan sorrise.
“Ovvio, lady, la migliore lingerie francese e italiana”.
Nel retro del negozio, due ragazzini dai visi pallidi e appuntiti stavano ritti su due bassi sgabelli, mentre un’altra strega appuntava con gli spilli gli orli della mini gonna della ragazza e dei calzoni del giovane. Erano gemelli come Civa ed Harry. Madama McClan fece salire i Gemelli su due sgabelli vicino ai primi, infilò anche loro le vesti con un tocco di bacchetta e comincio ad appuntarli per farli della lunghezza giusta.
“Ciao” dissero i ragazzi. “Anche voi di Hogwarts?”
“Sì” risposero i Gemelli.
“Nostro padre, nel negozio qui accanto, ci sta comprando i libri e mia madre sta guardando gli ingredienti per Pozioni, un po' più avanti” dissero i ragazzi. Avevano una voce annoiata e strascicata. “Dopo li trascinerò via per andare a vedere le scope da corsa. Non capisco proprio perché noi del 1° anno non possiamo averne di personali. Pensiamo che costringeremo nostro padre a comprarcene un paio e a farle entrare di straforo…”.
Ai Gemelli ricordarono molto Dudley.
“Sapete, domani nostro padre conoscerà lady Potter, la Primo Ministro. Scommetto che sarà la mia ragazza, a Hogwarts, carina e di rango come è non può non mettersi con me” fece il ragazzo.
Civa arricciò il naso e schioccò la lingua mentre Madama McClan le sfilava l’ennesimo, splendido abito e gliene faceva indossare un altro.
“Sapete già in che dormitorio andrete a stare?” chiesero poi i due ragazzi.
“No” risposero i Gemelli.
“Beh, nessuno lo sa veramente fino a quando non si trova sul posto, non è vero? Ma noi sappiamo che saremo Serpeverde: tutta la nostra famiglia è stata lì”.
Civa schioccò di nuovo la lingua irritata, tentando di capire cosa le ricordasse la parola Serpeverde. Era sicura che centrassero Voldemort e Severus.
“Ehi, guardate quello!” dissero d’un tratto i gemelli biondi indicando con un cenno del capo la vetrina principale. Hagrid era lì, ritto in piedi, sorridendo ai Gemelli e indicando loro tre grossi gelati per fargli capire che non poteva entrare.
“Quello è Hagrid, è il guardiacaccia di Hogwarts” dissero Civa ed Harry.
Ogni attimo che passava, quei due stavano loro sempre meno simpatici.
*Non credo proprio che diventerò la sua ragazza!* pensò Civa stizzita rivolta al fratello.
Harry ridacchiò.
“Sì, è proprio così. Ho sentito dire che è una specie di selvaggio… vive in una capanna nel comprensorio della scuola. Ogni tanto si ubriaca, tenta di fare magie e appicca il fuoco al suo letto” dissero i biondini.
"A parer nostro è molto gentile” commentarono gelidamente Civa ed Harry.
“Davvero?” dissero i ragazzi con un lieve sogghigno. “Ma perché siete con lui? Dove sono i vostri genitori?”.
“Sono morti” tagliò corto Civa mentre Madama McClan le toglieva un altro abito e l’aiutava a scendere dallo sgabello.
“Oh, scusateci” dissero gli altri due, senza mostrare il minimo rincrescimento. “Ma erano come noi?”.
“Siamo Purosangue, se proprio vi interessa” disse Civa secca.
“Noi non pensiamo che dovrebbero permettere agli ‘altri’ di frequentare, non vi pare? Loro non sono come noi, non sono capaci i fare quello che facciamo noi. Pensate che alcuni, quando hanno ricevuto la lettera, non avevano mai neanche sentito parlare di Hogwarts. Secondo noi, dovrebbero limitare la frequenza alle sole più antiche famiglie di stregoni. A proposito, come vi chiamate di cognome?”
Civa sorrise e fece scintillare il distintivo appuntato sul petto.
“Potter!” disse con un ghigno mentre, dopo aver pagato, lei ed Harry uscivano del negozio.
Civa ed Harry gustarono in silenzio i due gelati comprati loro da Hagrid.
“Che c’è?” chiese Hagrid.
“Nulla” mentirono i Gemelli. Si fermarono per acquistare pergamene e penne d’oca. Civa ed Harry divennero di umore un po' più allegro quando trovarono una bottiglietta d’inchiostro che scriveva cambiando colore. Una volta fuori, Civa chiese, ricordando l’insegna di un negozio vista poco prima:
“Cosa è il Quidditch?”
“Per tutti i gargoyle, ragazzi, continuo a dimenticar quanto poco sapete…certo che… non conoscere il Quidditch…”
“Non farci sentire ancora più a disagio” lo pregarono Civa ed Harry, e gli raccontarono dei ragazzini pallidi incontrati nel negozio di Madama McClan.
“E hanno detto che ai ragazzi cresciuti in famiglie di Babbani non dovrebbe essere permesso di frequentare”.
“Ma voi non venite da una famiglia di Babbani. Se sapevano subito chi siete… conoscono i vostri nomi da quando sono nati, se i loro genitori sono gente che pratica la stregoneria… li avete visti al Paiolo Magico. In ogni caso, hanno un bel dire i ragazzi, alcuni tra i migliori erano gli unici dotati di poteri magici in una stirpe di Babbani… vostra madre aveva solo la sorella Maganò, ma alcuni la consideravano Mezza-Babbana”
“Allora, cosa è il Quidditch?”.
“È il nostro sport. È come…come il calcio Babbano: tutti seguono il Quidditch. Si gioca in aria, a cavallo di manici di scopa, con 4 palle… è difficile spiegare le regole”
“Hagrid, Serpeverde è una delle Case di Hogwarts, non è così?” chiese Civa con un filo di voce, lottando per cacciare la nebbia dai suoi ricordi.
“Sì, Grifondoro, Tassorosso, Corvonero e Serpeverde. Tutti dicono che i Tassi sono dei mollaccioni, ma…”
“Scommetto che finisco a Tassorosso” disse Harry tristemente.
La mano di Civa salì automaticamente a stringere un medaglione che non c’era e le dita si chiusero sull’aria. La strega ringhiò.
“Meglio Tassi che finire a Serpeverde” disse Hagrid. “Tutti i maghi oscuri sono stati Serpeverde. Voi Sapete Chi era uno di loro”
“Voldemort a Hogwarts?”fece Harry sbalordito.
Osservò la sorella in preda alla sua furibonda lotta interiore. Tentava disperatamente di afferrare un ricordo che le sfuggiva come fumo impalpabile ma presente. Civa ringhiò stizzita pestando i piedi e sforzandosi con tutto il suo potere.
“Tanti anni fa…” rispose Hagrid guardando preoccupato Civa mentre ancora tentava di raggiungere il ricordo nebuloso che la ossessionava.
Comprarono i libri di testo per i Gemelli in un negozio chiamato Il Ghirigoro, dove gli scaffali erano stipati fino al soffitto di libri grossi come lastroni e rilegati in pelle; libri delle dimensioni di un francobollo foderati di seta; libri pieni di simboli strani e alcuni con le pagine bianche. Anche Dudley, che non leggeva mai nulla, avrebbe fatto pazzie per metterci le mani sopra.
Hagrid dovette trascinare via Civa dallo scaffale con i libri di Pozioni. La ragazza sembrava completamente persa e girava lo sguardo vitreo sui titoli spelacchiati dei grossi e polverosi volumi, di nuovo presa dalla lotta contro la nebbia e il buio che le trafiggevano la mente.
“Severus...” mormorò.
Poi notò un libro con una luna piena in copertina e...
“Dov’è Rem?” chiese la piccola,che non aveva più di quattro anni.
“Lo sai che non puoi stare con lui se c’è luna piena” le ricordò Silente.
“No importa! REM!” la bambina s’impuntò.
“No” rispose Silente irremovibile.
“Vado da sola!” ringhiò Civa e sparì.
La casa in cui viveva era molto spoglia e malmessa.
Civa trotterellò in camera da letto e si arrampicò sul letto. Si sedette sul petto di Lupin e tuffò il viso sul suo, riempiendolo di baci.
“Potrei farti del male” disse solo Lupin.
“Non dire le bugie” rispose Civa, e restò al suo fianco.Cominciava a capire sempre di più. Sorrise.
“Ricordate che nel mondo Babbano solo Civa, in quanto Ministro, può usare la magia” si raccomandò Hagrid.
Il gigante non permise loro di acquistare un calderone d’oro massiccio - “Nella lista c’è scritto peltro” , ma comprarono due graziose bilance per pesare gli ingredienti di Pozioni. Civa aveva assunto un lieve colorito bianchiccio ch preoccupò notevolmente Harry; il quale le tenne compagnia in strada mentre Hagrid acquistava i telescopi pieghevoli in ottone. Non entrarono in farmacia, la sola vista delle vetrine fece svenire Civa e Harry dovette sostenerla finché Hagrid non fu di ritorno con gli ingredienti e la prese in braccio per non farla sforzare.
“Bimba, dimmi che hai” le disse il gigante cullandola mentre lei riprendeva un po' di colore.
“Nulla; mezzi ricordi, nebbiosi e sfuocati. Mi tormentano da tutto il giorno…” rispose la giovane debolmente mentre si dirigevano verso il negozio di animali, dove Hagrid aveva intenzione di comprare loro un regalo che fosse utile per la scuola.
Hagrid tacque ed entrò nel negozio con i due Gemelli.
Acquistò loro una civetta delle nevi, Edwige e li condusse verso l’ultimo negozio: Olivander, l’artigiano di bacchette magiche.
Bacchette magiche…i Gemelli non vedevano l’ora di possederne una.
Quest’ultimo negozio era angusto e sporco. Un’insegna a lettere d’oro scortecciate sopra la porta diceva: “Olivander: fabbricanti di bacchette dal 382 a. C.”. Nella vetrina polverosa, su un cuscino color porpora stinto, era esposta una sola bacchetta.
Un lieve scampanellio, proveniente dagli anfratti del negozio non meglio identificati, accolse il loro ingresso. Era un luogo molto piccolo, vuoto, tranne per una sedia dalle zampe esili su cui sedette Hagrid, nell’attesa. I Gemelli si sentivano strani, come se fossero entrati in una biblioteca privata. Si rimangiarono un mucchio di nuove domande che erano loro appena salite al cervello, e invece si misero ad osservare le migliaia di scatoline strette strette, impilate in bell’ordine fino al soffitto. Chissà perché sentivano un pizzicorino alla nuca. Persino a la polvere e il silenzio di quel luogo sembravano fremere di una segreta magia.
“Buon pomeriggio” disse una voce sommessa. I Gemelli sobbalzarono.
Avevano di fronte un uomo anziano con occhi grandi e scoloriti che illuminavano la penombra del negozio come due astri lunari.
“Salve” dissero i Gemelli imbarazzati.
“Ah, sì” disse l’uomo. “sì, sì, sì, sapevo che li avrei conosciuti presto, signori Potter”. Non era una domanda. “Hanno gli occhi di loro madre. Sembra ieri che venne qui a comperare la sua prima bacchetta magica. 10 pollici e un quarto, salice e ala di fata, flessibile. Una buona bacchetta per un lavoro d’incanto”.
Mr Olivander si avvicinò ai Gemelli. Questi ultimi avrebbero dato qualsiasi cosa pur di vedergli abbassare le palpebre. Quegli occhi d’argento facevano venir loro la pelle d’oca.
“Vostro padre, al contrario, preferì una bacchetta di mogano, con anima di zampa di coniglio triturata. Flessibile, undici pollici. Ottima per la Trasfigurazione. Be’, ho detto che la preferì… in realtà è la bacchetta a scegliere il mago, naturalmente”.
Mr Olivander si era fatto talmente vicino da toccare quasi il naso di Civa, che si vedeva riflessa negli occhi velati.
“Ed è qui che…”
Mr Olivander toccò con un dito lungo e bianco la cicatrice della strega.
“Mi spiace dire che sono stato io a vendere la becchetta che ha fatto questo” disse con un filo di voce. “Tredici pollici e mezzo, legno di tasso e anima di piuma di fenice. Sì, una bacchetta potente, molto potente, nelle mani sbagliate… Bene, se avessi saputo cosa sarebbe andata a fare il mondo…”
Scosse la testa e poi, con gran sollievo dei Gemelli, si accorse di Hagrid.
“Rubeus! Rubeus Hagrid! Che piacere rivederti! Quercia, sedici pollici, piuttosto flessibile; non era così?”
“Azzeccato, signore” rispose Hagrid.
“Una bella bacchetta quella. Ma suppongo che te l’abbiano spezzata a metà quando ti hanno espulso, vero?” chiese Mr Olivander, facendosi serio d’un tratto.
“Ehm…sì, signore, proprio così” rispose Hagrid spostando il peso del corpo da un piede all’altro. “Però conservo ancora le due metà” aggiunse vivacemente.
“Ma non le usi, vero?” chiese Mr Olivander con fare inquisitorio.
“Oh, no, signore” si affrettò a rispondere Hagrid. I Gemelli videro che, nel parlare, si stringeva forte forte al suo ombrello rosa.
“Ehm, vediamo” disse Mr Olivander lanciando ad Hagrid un’occhiata penetrante. “Allora, Mr e Lady Potter, vediamo un po'” tirò fuori dalla tasca un lungo metro da sarta con le tacche d’argento. “Qual è il braccio che usano per la bacchetta?”
“La mano destra, signore” risposero i Gemelli.
“Alzino il braccio. Così”. Misurò le braccia dei Gemelli dalla spalla alla punta delle dita, poi dal polso al gomito, dalla spalla a terra, dal ginocchio all’ascella e poi prese anche la circonferenza delle teste. E intanto diceva: “Ogni bacchetta costruita da Olivander ha un nucleo fatto con una potente sostanza magica. Peli di unicorno, piume di fenici, corde di cuore di drago. Esistono poche bacchette simili, e nessuna uguale. E naturalmente, non si ottengono mai buoni risultati con la bacchetta di un altro mago”
All’improvviso, i Gemelli si accorsero che il metro a nastro, che stava loro misurando la distanza tra le narici, stava facendo tutto da solo. Mr Olivander, infatti, volteggiava tra gli scaffali, tirando giù scatole.
“Può bastare così” disse, e il metro si afflosciò a terra. “Allora, signori Potter, provino queste. Faggio e corde di cuore di drago, nove pollici per Harry. Biancospino e polvere di zaffiro, 7 pollici e mezzo per Civa. Entrambe molto flessibili. Le prendano e le agitino in aria”.
I Gemelli presero le bacchette e, sentendosi due perfetti idioti, le agitarono debolmente, ma Mr Olivander gliele strappò quasi subito i mano.
“Acero e piume di fenice, sette pollici per Harry. Salice e gocce di rugiada, otto pollici e un quarto per Civa. Molto flessibili”
I Gemelli le provarono, ma ancora una volta non avevano fatto in tempo ad alzarle che Olivander strappò loro di mano anche quelle.
“No, no… ecco, ebano e peli di unicorno, otto pollici e mezzo, elastica per Harry. Quercia e lacrime di Kappa, nove pollici, rigida per Civa”.
I Gemelli provarono, provarono ancora. Non avevano idea di quel che Olivander stesse cercando. Le bacchette si stavano accumulando sul bancone, ma più Olivander ne tirava fuori dagli scaffali, più sembrava felice.
“Clienti difficili, eh? Niente paura, troveremo quelle che fanno per voi…” si fermò di colpo, annusando l’aria pregna del profumo di rosa che Civa aveva acquistato poco prima. “Mi chiedo se…”
Sparì qualche attimo tra gli scaffali e ne riemerse poco dopo, reggendo una scatoletta doppia e impolverata.
“Agrifoglio per Harry e legno di rosa per Civa. Stessa Anima, piume di coda di Fenice. Undici e nove pollici, elastiche”.
I Gemelli le presero in mano. Avvertirono un calore improvviso alle dita. Le alzarono sopra la testa, le abbassarono sferzando l’aria polverosa e due scie di scintille rosse e oro si sprigionarono dalle estremità come fuochi d’artificio. Hagrid gridò d’entusiasmo e batté le mani e Mr Olivander esclamò: “Bravi! Proprio così, molto bene… Bene, bene, bene… che strano… ma che cosa davvero strana…”
Mentre Civa infilava la propria bacchetta tra le pieghe del mantello che indossava, Mr Olivander ripose quella di Harry nella scatola e la avvolse in carta da pacchi sempre borbottando: “Ma che strano... davvero strano”.
“Scusi” fecero i Gemelli, “ma che cosa c’è di strano?”
“Ricordo una per una tutte le bacchette che ho venduto, signori Potter. Una per una. Si dà il caso che la Fenice le cui piume risiedono nello loro bacchette abbia dato un’altra piuma. Una, e basta. È curioso che loro, signori Potter, siano destinati a queste bacchette, quando la loro gemella gli ha inferto quelle cicatrici”.
I Gemelli deglutirono.
“Sì, tredici pollici e mezzo, legno di tasso. Curioso come accadano certe cose. È la bacchetta che sceglie il mago, lo ricordino. Credo che da loro dovremo aspettarci grandi cose. Dopotutto… Colui Che Non Deve Essere Nominato ha fatto grandi cose…terribili, certo, ma grandi”.
I Gemelli rabbrividirono. Non erano certi i trovare molto simpatico quel Mr Olivander. Pagarono sette Galeoni d’oro a testa per le lor bacchette e, mentre uscivano, Mr Olivander li salutò con un inchino da dentro il negozio.
Era ormai pomeriggio inoltrato e il sole era basso sull’orizzonte quando Hagrid e i Gemelli si misero sulla via del ritorno ripercorrendo Diagon Alley, riattraversarono il muro, fino al Paiolo Magico, ormai deserto. Lungo il tragitto i Gemelli non dissero una parola; non notarono nemmeno quanta gente li guardasse a bocca aperta, in metropolitana, carichi come erano di tutti quei pacchi dalle forme bizzarre, e con la civetta candida addormentata sulle ginocchia. Su per un’altra scala mobile, giù verso Paddington Station, i gemelli si resero conto di dove si trovavano soltanto quando Hagrid batté loro sulla spalla.
“Abbiamo tempo di mangiare un boccone prima che il vostro treno parte” disse.
Comprò loro due hamburger e si sedettero a mangiare su panchine di plastica. I Gemelli continuavano a guardarsi intorno. In un certo senso tutti aveva un’aria molto strana.
“Vi sentite bene, Civa, Harry? Siete molto zitti” disse Hagrid.
I gemelli non erano sicuri di riuscire a spiegarsi. Quello era stato il più bel compleanno della loro vita. Eppure… continuarono a mangiare tentando di trovare le parole.
“Tutti pensano che noi siamo speciali” dissero infine. “Tutte quelle persone al Paiolo Magico, il professor Raptor, Olivander… ma noi, di magia, non ne sappiamo niente. Come fanno ad aspettarsi grandi cose? Siamo famosi, ma non ricordiamo nemmeno il motivo per cui lo siamo. Non sappiamo cos’ è successo quando Vol… scusa… vogliamo dire, la notte in cui sono morti i nostri genitori”.
Hagrid si chinò verso di loro. Dietro la barba incolta e le folte sopracciglia faceva capolino un sorriso colmo di gentilezza.
“Non preoccupatevi, imparerete presto. A Hogwarts tutti i principianti sono uguali. Starete benone. Basta che siete voi stessi. Lo so che è dura. Voi siete dei prescelti, e questo fa sempre la vita difficile. Ma starete benissimo a Hogwarts… così è stato per me, e lo è ancora, davvero”.
Li aiutò a salire sul treno che li avrebbe riportati dai Dursley e porse loro una busta.
“Questi sono i vostri biglietti per Hogwarts” disse loro. “Primo settembre a King’s Cross…è tutti scritto sul biglietto. Se avete problemi con i Dursley, speditemi una lettera con la vostra civetta, lei saprà dove trovarmi… A presto, Civa, Harry”.
Il treno uscì dalla stazione. I gemelli avrebbero voluto seguire Hagrid con lo sguardo finché non l’avessero perso di vista; si alzarono in piedi sul sedile e schiacciarono i visi contro il finestrino, ma non fecero in tempo a battere le palpebre che Hagrid era sparito.